BIOGRAFIA DI PADRE PIO DA PIETRELCINA
Nasce in un piccolo comune del Beneventano dal nome rustico di Pietrelcina il 25 Maggio 1885, da Grazio Forgione e Maria Giuseppa Di Nunzio, alle ore 17.00.

Una curiosità interessante, raramente riportata dai vari testi, è quella che la levatrice, nel mostrare il bambino alla madre disse:"Peppa, il bimbo è nato avvolto in un velo bianco, ed è un buon segno: sarà grande e fortunato".

Battezzato il giorno dopo della nascita, alle ore 06.00, nella Chiesa di S. Anna, gli venne imposto il nome di Francesco, per desiderio della madre, devotissima al poverello d'Assisi. La cerimonia fu officiata dal curato Nicolantonio Orlando.

Non possiamo dire che il piccolo Francesco trascorse un'infanzia normale, infatti non era come altri bambini, non amava stare in compagnia dei suoi coetanei, ma preferiva la solitudine della piccola chiesetta locale. Mamma Peppa diceva che era un bambino ubbidiente, sempre pronto al volere dei genitori, senza capricci. Un giorno, mamma Peppa gli disse: "Francì esci un poco a giocare", ma impassibile il piccolo Francesco rispose: " Non ci voglio andare perché essi bestemmiano".

Già a cinque anni, incominciava ad avere le prime esperienze carismatiche ( estasi, apparizioni ), con una frequenza tale che il piccolo Francesco le riteneva assolutamente normali, cioè erano parte integrante della vita, al punto tale che, rivolgendosi al frate cercatore del vicino Convento di Morcone (Fr. Camillo), gli chiese con la massima ingenuità: "ma lei non vede la Madonna?", ed alla risposta negativa aggiunse: "lei lo nega per umiltà!".

Cogliamo l'occasione di aver citato frate Camillo, per ricordare che è stato questo frate con la barba a trasmettere a Francesco il desiderio di diventare come lui diceva: "frate con la barba". Infatti, anni dopo, nel noviziato del Convento dei frati Cappuccini di Morcone non c'erano posti disponibili, mentre in altri ordini vi era una discreta possibilità di essere ammessi, ma davanti a questa scelta il giovane Francesco chiedeva ingenuamente: "portano la barba?....No?..allora niente da fare,aspetto".

Ritornando alle esperienze, abbiamo (fra le tante) la testimonianza di Don Nicola Caruso, Sacerdote in Pietrelcina, il quale scrisse: "Più di una volta Francesco mi disse che, quando tornava a casa da scuola, trovava sulla soglia un uomo vestito da prete che non lo voleva far passare. Allora Francesco pregava; appariva un ragazzo scalzo che faceva un segno di croce e il prete spariva."

Infatti le visioni non erano solo di Angeli e Santi, ma anche di demoni. Padre Benedetto da S. Marco in Lamis (è stato uno dei Suoi confessori e direttore spirituale) lasciò scritto: "Le vessazioni diaboliche cominciarono all'età di quattro anni. Il diavolo si presentava in figure orribili, spesso minacciose, spaventose. Era un tormento, anche di notte, che non lo lasciava dormire". Lo stesso Padre Pio raccontava: " Mia madre spegneva il lume, e tanti mostri mi si mettevano vicini, e io piangevo. Accendeva il lume e io tacevo perché i mostri sparivano. Di nuovo lo spegneva e io di nuovo mi mettevo a piangere per i mostri."

All'età di circa dieci anni, per vincere queste apparizioni diaboliche (che continuavano senza interruzione), leggeva libri di pietà, ascoltava giornalmente la S. Messa e, d'accordo con il sacrestano, si faceva chiudere in Chiesa e gli fissava l'orario per andare ad aprirlo.

La madre raccontò che un giorno lo sorprese dietro al letto che si flagellava con una catena di ferro; alle richieste su quale fosse il motivo di tale comportamento, il piccolo Francesco rispose: " Mi devo battere come i giudei hanno battuto Gesù e gli hanno fatto uscire il sangue dalle spalle."

Tale comportamento, in un fanciullo di appena dieci anni, può significare solo due cose: o il piccolo Francesco è impazzito o il desiderio di essere partecipe alle sofferenze di Gesù è talmente forte che solo provandole fisicamente, ovvero realmente, solo riuscendo a percepire in pieno il dolore, egli riesce a sentirsi più vicino a Gesù: la storia ci ha dimostrato che il piccolo Francesco non era impazzito!



Concludo la prima parte di questa piccola e modesta biografia su Padre Pio, con una sua massima che spero possa essere causa di fortificazione spirituale in momenti particolari della vita: LA SOFFERENZA E' UN DONO DI DIO. BEATO CHI NE SA TRARRE PROFITTO (P. Pio)



2.a parte

Come tutti sappiamo, Padre Pio è stato oggetto di una vera e propria persecuzione, non solo da parte delle occulte forze del male (in modo diretto),ma anche da parte della stessa Chiesa, che essendo comunque composta da uomini, è stata anch’essa causa di errori; ma non tutti sanno qual è stata la prima persecuzione subita da Padre Pio .

Nell’autunno del 1902, l’arciprete di Pietrelcina, Don Salvatore Pannullo (nominato da Padre Pio “Zì Tore”) ebbe l’autorizzazione a far entrare il giovane Francesco Forgione nel noviziato del convento Cappuccino di Morcone (BN), ma mentre preparava i documenti , fu informato da una lettera anonima che il giovane Francesco faceva la corte ad una ragazza del paese; figuriamoci, fulmini e saette attraversarono la mente del buon don Salvatore,il quale mandò tutto a monte e allontanò Francesco dalle funzioni religiose.

Il popolo si meravigliò di non vedere più quel “bravo giovane” impegnarsi nelle mansioni di chierichetto e così cominciarono a volare le prime indiscrezioni, i primi sospetti. E parla oggi e parla domani, la storia vera uscì prepotentemente dal segreto e divenne di dominio generale, con enormi sofferenze per Francesco, il quale, ovviamente vittima di un raggiro, soffriva in silenzio accettando le decisioni del suo “Zì Tore”.

Ovviamente, ci fu un grosso imbarazzo da parte dei religiosi di Pietrelcina, i quali, cercando di vedere più chiaro nella faccenda, scoprirono che la lettera anonima era stata inviata da un chierichetto , il quale, ingelosito dalle preferenze che i sacerdoti avevano per Francesco, aveva cercato di diffamarlo.

Così, superata brillantemente la sua prima persecuzione, il giovane Francesco si preparava al noviziato, fissato per il 6 Gennaio 1903.

La notte tra il 5 e il 6 Gennaio, Francesco vide in una visione Gesù e la Madonna che gli infondevano coraggio e gli concedevano la loro protezione, e così il giorno 6, dopo la Messa, Francesco si avviò verso la vera vita religiosa.

Ricordando il momento del distacco dalla madre, con le lacrime agli occhi, Padre Pio diceva: “quanto soffrì quella povera mammina mia. Quando andai via mi disse: Figlio mio, mi sento squarcià 'u core, ma San Francesco ti chiama e tu devi andare"

Concludo questa seconda parte con una riflessione di Padre Pio: NON PENSATE A COLORO CHE NON HANNO CONOSCIUTO GESU', MA PENSATE A CHI LO HA ABBANDONATO

3.a parte

E così, il mattino del 22 Gennaio, nel Convento di Morcone, il novizio Francesco Forgione abbandonò per sempre il nome e cognome e assunse quello di Fra Pio da Pietrelcina distaccandosi definitivamente dalla sua vita abituale.

Il noviziato fu durissimo e pochi riuscirono a giungere al termine: orari impossibili,posizioni obbligate anche durante il sonno,infatti il novizio doveva dormire immobile,supino e con le braccia in croce sul petto e un grosso crocifisso infilato nel cingolo.

Vi mostro un piccolo prospetto che indica come i novizi trascorrevano la loro giornata, ma voglio anche ricordare ad onor del vero,che nell’Ordine dei Cappuccini,all’inizio del 1900,vi era la regola ferrea che il noviziato doveva non essere severo,ma addirittura tremendo,infatti i frati Cappuccini hanno voluto sempre distinguersi dagli altri ordini religiosi,per durezza di vita;veniamo al come il novizio trascorreva la giornata e anche la nottata:

Ore 21.00 = Riposo --- Ore 24.00 = Sveglia per recarsi in coro per le lodi del mattino --- Ore 01.00 = rientro in cella. D’inverno faceva molto freddo e il gelo penetrava nelle ossa. ---

Ore 05.00 = Sveglia,per le pulizie personali vi era dell’acqua in un catino,che non essendoci alcun tipo di riscaldamento,d’inverno diventava un blocco di ghiaccio,riordino della cella e corsa in Chiesa per la meditazione. Il tutto nel massimo silenzio e con gli occhi bassi; ogni mancanza veniva severamente punita. --- Ore 08.00 = Una frugale colazione e poi a lezione sulle regole dell’ordine. --- Ore 11.00 = Pulizia delle varie stanze del Convento. --- Ore 12.00 = Pranzo poverissimo,c’era l’ordine di alzarsi da tavola sempre con molta fame e il novizio era tormentato dalla fame in modo terribile. A questo “pranzo”, seguiva una mezz’ora di passeggiata nell’orto,pregando ad alta voce. --- Dalle ore 14.30 alle ore 17.00 i novizi si recavano in coro per studiare. Dalle ore 17.00 alle ore 19.00 si lavorava,sempre nel massimo silenzio,poi ci si recava in Chiesa per un’altra ora per la meditazione e il S.S. Rosario.

Ore 20.00 = Cena e una mezz’ora di ricreazione durante la quale si poteva parlare. ---

Ore 21.00 = Riposo.

Tre volte alla settimana,nei giorni dispari,tutti i religiosi si sottoponevano alla “disciplina” dopo cena. Si recavano nel coro,a luci spente, e si flagellavano le spalle nude con una catenella chiamata appunto “disciplinare” che al termine aveva dei pallettoni.

Il vestiario era ridotto al minimo: Il saio e sotto un camicione di lana grezza e ai piedi i sandali.

D’inverno si tremava dal freddo e d’estate faceva molto caldo. Bisogna anche tenere conto che il vestiario non veniva assegnato secondo la taglia,ma come capitava,capitava e anche se era stretto e si strappava o se era largo,lo si doveva indossare lo stesso.

In questa atmosfera e con queste regole,fra Pio proseguì il suo cammino di novizio senza,scoraggiarsi e senza lamentarsi,fino alla fine del noviziato in data 22 Gennaio 1904.

Appunto verso la fine, mamma Peppa lo andò a trovare, ma quando lo vide pallido, denutrito, stanco, con gli occhi bassi e in silenzio (come voleva la regola), corse subito a chiamare il marito, il quale si spaventò moltissimo e disse al guardiano: “che cosa avete fatto a mio figlio?Non lo riconosco più!” E il Guardiano dovette faticare molto per spiegargli che il figlio si comportava in tal modo solo per l’obbedienza della regola.

Concludo questa terza parte,come sempre,con una sua massima:

Camminate con semplicità nella via del Signore e non tormentate il vostro spirito.

4.a parte

Una volta terminato l’anno di noviziato, fra Pio fu trasferito nel convento di S. Elia a Pianisi, in quanto, come era la regola degli ordini religiosi, il periodo che va dal noviziato al sacerdozio è considerato “periodo di formazione”, sotto il diretto controllo di maestri e direttori spirituali.

Una delle ferree regole di questo periodo di formazione era quella che impediva al chierico di assentarsi dal convento, anche per pochi giorni, ma per fra Pio, come vedremo, questa regola non era applicabile.

Iniziò ad ammalarsi ripetutamente, si alimentava solo con il latte, deperiva a vista d’occhio.

Nella sua vita è stato fuori dai conventi dal 1905 al 1916, quindi per più di un decennio.

Nel 1906, insieme alle strane malattie, fra Pio cominciò a ricevere le sgradite visite del maligno; una notte, nel convento di S. Elia a Pianisi, non riusciva a dormire e sentendo dei rumori nella cella accanto, andò a curiosare e ci trovò il maligno sotto le sembianze di un grosso cane nero.

Altre volte il maligno lo bastonava a sangue insieme ad altri demoni e lo lasciavano solo quando il povero frate si riversava inanime e sanguinolento sul pavimento.

Ma nonostante tutto, fra Pio continuò il cammino e nel 1907 fece la professione dei voti solenni, ma le sue condizioni di salute peggiorarono: I medici non sapevano più cosa dire e i superiori,preoccupati, ritennero opportuno mandarlo alla casa natale, in modo da affidarlo momentaneamente alle cure materne, infatti fra Pio a Pietrelcina stava bene in salute, ma come si allontanava dal paese natale, ricominciava ad ammalarsi.

Il 16 Aprile del 1907 fu chiamato al distretto militare di Benevento per la visita di leva e fu dichiarato abile. Raggiunse i suoi compagni al convento di Serracapriola, ma,dopo un paio di mesi, fu costretto a ritornare al suo paese perché peggiorato in salute.

Continuò gli studi teologici, aiutato dal parroco di Pietrelcina don Salvatore Pannullo e nel 1908 ricevette, a Benevento, gli ordini minori,f u ordinato suddiacono e, visto che le condizioni di salute erano migliorate, fu inviato al convento di Montefusco, ma dopo pochi mesi ritornò a Pietrelcina più ammalato di prima.

Qui si preparò e, dopo aver sostenuto gli esami a Benevento, fu ordinato diacono a Morcone. Così, dopo ripetute e strane malattie che fecero anche temere il peggio, il 10 Agosto 1910 fra Pio, all’età di ventitré anni e due mesi, fu consacrato sacerdote e il giorno 14 Agosto,padre Pio celebrò la sua prima messa solenne nel suo paese.



Concludo questa quarta parte con una sua massima:

PER CHI AMA,CIELO E TERRA SI UNISCONO



5.a parte

Fino al 1916, padre Pio visse a Pietrelcina, ove svolgeva regolarmente il suo ministero. Abitava nella casa paterna, accudito dalla madre, e preferiva una piccola stanzetta che si trova in posizione rialzata rispetto alla sua casa, quasi come un solaio, con un'unica finestra che si affacciava su un panorama meraviglioso.

Questa cameretta divenne il suo piccolo rifugio, nel quale scriveva; qui ebbe molte apparizioni di Gesù e della Madonna, ma anche del demonio, con il quale ingaggiava delle lotte furibonde.

In questi luoghi, nel 1910, gli furono date le “stigmate invisibili” e precisamente il 7 settembre,in località Piana Romana, mentre il buon padre Pio era intento alla preghiera.

La cosa suscitò in quell’animo nobile e semplice una confusione enorme, tale da indurlo a chiedere al Signore di togliergli le stigmate e di lasciargli solo la sofferenza. Fu ascoltato!

Nel frattempo i vertici dell’ordine Francescano iniziarono a chiedere a gran voce il ritorno di padre Pio in convento, ma ciò era impossibile in quanto ogni volta che padre Pio lasciava Pietrelcina iniziavano i malori. Visite mediche, visite specialistiche, diagnosi infauste, cure varie, niente e così finalmente,il 25 febbraio 1915, arrivò dal Vaticano, l’autorizzazione definitiva alla permanenza di padre Pio fuori dal convento.

Agli inizi del 1916 il superiore provinciale, padre Benedetto da S.Marco in Lamis, con il pretesto di visitare in Foggia, una donna moribonda conoscente di Padre Pio (Raffaelina Cerase), riusci a schiodare padre Pio dal suo paesello. Durante la permanenza nel convento di S.Anna in Foggia, successe di tutto: febbri altissime, malori ingiustificati, rumori assordanti e urli sovraumani provenienti dalla cella di padre Pio suscitarono la protesta degli altri frati; il Vescovo di Ariano Irpino, Mons. D’Agostino, di passaggio nel convento, fuggì a gambe levate per lo spavento.

Fra gli ospiti di passaggio al convento, vi era padre Paolino da Casacalenda, Guardiano del convento di S. Giovanni Rotondo, che invitò padre Pio a trascorrere un periodo di riposo e di frescura (era l’estate del 1916) in S. Giovanni.

Quel luogo così triste e solitario piacque tantissimo a padre Pio e così, ottenuto il permesso dal padre Provinciale, il 4 settembre 1916 padre Pio si stabilì definitivamente in S. Giovanni Rotondo.

Concludo la 5° parte con una sua massima:

SE NOI SIAMO CALMI E PAZIENTI, TROVEREMO NON SOLO NOI STESSI,

MA ANCHE L’ANIMA NOSTRA E CON ESSA DIO.

6.a parte

Destinato definitivamente al convento di S. Giovanni Rotondo, padre Pio rivestì la carica di Direttore Spirituale del piccolo seminario conventuale. Oltre questa mansione, riceveva molti fedeli che gli chiedevano consigli, oltre a quelli che gli scrivevano. E tutti questi impegni lo occupavano nel giorno, tanto che alle lettere rispondeva la notte.

E fu lassù, in quella cornice di povertà, di umiltà e di fede, che si compì il Celeste disegno; fu in quel lembo di terra pugliese, difficile da raggiungersi, fra rocce e pietre senza ombra di nulla che il Signore donò al povero frate la Sua sofferenza: LE STIGMATE ! ! Sia gloria e lode al Signore.

Era il 20 settembre 1918. Quella mattina, il superiore padre Paolino da Casacalenda si era recato a S.Marco in Lamis e fra Nicola era in giro per la questua; quindi padre Pio era solo nel convento.

Tutto quello che accadde dopo, ci è noto attraverso una sua lettera al suo direttore spirituale nonché ministro provinciale padre Benedetto da S. Marco in Lamis. Tale lettera, non la riportiamo in quanto notissima, porta la data del 22 ottobre 1918 e la si può trovare nel 1° volume dell’epistolario al n° 510.

Sintetizzandola, possiamo dire che, mentre padre Pio era in coro assorto nel ringraziamento dopo la Messa, si vide dinnanzi un misterioso personaggio che grondava sangue dalle mani, dai piedi e dal costato. Atterrito da tale visione, padre Pio rimase sconvolto e poco dopo, alla sparizione del personaggio, il povero frate grondava anch’egli di sangue dalle mani, dai piedi e dal costato. AVEVA RICEVUTO IN DONO LA SOFFERENZA DEL SIGNORE. SIA LODE E GLORIA.

Voglio concludere questa sesta parte,non come le altre parti di questa piccola biografia,ma con una semplice richiesta rivolta a chi legge: dopo aver letto quanto sopra,vi chiedo di recitare il S.S. Rosario, un Padre, un’Ave e un Gloria in segno di ringraziamento al Signore per quanto ci ha donato e quanto ci continuerà a donare.



7.a parte



Padre Pio non voleva assolutamente che la notizia delle stigmate si sapesse in giro; Egli se ne vergognava,ritenendosi (come accadde precedentemente ) indegno di tale dono,e pregava il Signore di lasciargli il dolore,ma di togliergli l’evento visibile.

Fu tutto inutile,la cosa non poteva assolutamente rimanere nascosta,già quando diceva Messa e sollevava le mani,si vedevano chiaramente i fori e quindi la voce cominciò a spargersi a macchia d’olio;cominciavano a giungere fedeli e curiosi dai paesi vicini,poi ci fu un giornalista del “Mattino” di Napoli (tale Renato Trevisani), il quale pubblicò un articolo sul “Santo del Gargano” e grazie a quest’articolo,certamente poco apprezzato da padre Pio,la fama del frate uscì fuori dai confini del Gargano e approdò in tutt’Italia,Vaticano compreso.,con tutte le conseguenze del caso.

Immediatamente le autorità Ecclesiastiche chiesero un controllo medico sul povero fraticello,il quale ignaro di quello che stava per capitargli,mortificato e per santa obbedienza,si prestava a tutte le perizie che gli venivano ordinate.

Il 15 e 16 Maggio 1919 arrivò il primo medico inviato dalla Santa Sede,il Prof. Luigi Romanelli, Primario dell’Ospedale di Barletta, il quale refertò positivamente le stigmate di padre Pio.

Ma alla Santa Sede,qualcuno non era convinto e così la perizia passò al Prof. Amico Bignami, ordinario di Patologia Medica all’Università di Roma; questo medico emise invece un referto completamente differente dal primo,dichiarando che padre Pio si era provocato da solo le ferite e che le manteneva fresche con della tintura di iodio o altro.

Contro questo referto,il Prof. Romanelli si ribellò violentemente,ritornando a visitare il povero padre Pio insieme al dott. Giorgio Festa e i due luminari non poterono che smentire con tutte le loro forze la tesi del Prof. Bignami; anzi il dott. Festa (poi diventato medico personale di padre Pio) scrisse addirittura un trattato scientifico sull’argomento dal titolo “misteri di scienza e luci di fede”.

(il sottoscritto autore della presente biografia ha letto questo trattato,trovandolo molto chiaro,scritto con competenza scientifica che lascia in verità,pochi dubbi sull’avvenimento)

A questo punto la vita di padre Pio subisce una svolta violenta e negativamente decisiva per il corso del futuro:

il Prof.Agostino Gemelli,frate cappuccino ed eminente psichiatra,piomba a S.Giovanni Rotondo per periziare le stigmate.Era il 18 Aprile 1920.

L’eminente e autoritario Professore,non aveva però le debite autorizzazioni del Sant’Uffizio per visitare padre Pio e questi senza mezzi termini gli rifiutò la visita,nonostante padre Gemelli gli disse di essere stato inviato direttamente dal Papa (cosa mai provata con certezza), Niente autorizzazioni,niente visite!

Apriti cielo,il Prof.Gemelli andò via iratissimo da S.Giovanni e una volta a Roma,emise una delle più ignobili bugie dette su padre Pio,lo dichiarò: isterico,psicopatico e imbroglione,dichiarando che il padre Pio si procurava da solo le lesioni a scopo di vanità e probabilmente di chissà che altro.

Con una relazione di questo genere,emessa da tale austera e accreditata fonte, il Papa Benedetto XV,chiaramente preoccupato da tutto questo chiasso,cominciò a mandare a S.Giovanni Rotondo,tutta una serie di alte cariche della Chiesa,ad indagare,constatare e poi riferire;il tutto dal 1919 al 1921.

Alla morte di Papa Benedetto XV,con l’elezione del Cardinale Achille Ratti a Pontefice con il nome di Pio XI,iniziarono i guai per padre Pio.

Non è che il Papa avesse qualche cosa contro il poverello di S. Giovanni Rotondo,ma una serie di informazioni errate e mirate a distruggere padre Pio,indussero il Pontefice ad un’idea sbagliata sul frate stigmatizzato. Per esempio,l’Arcivescovo di Manfredonia Mons. Pasquale Gagliardi, invidioso della popolarità di padre Pio,dichiarò al Papa di aver visto egli stesso padre Pio incipriarsi e profumarsi allo scopo di ingannare i fedeli.

Come poteva,a rigor di logica,un Pontefice rimanere indifferente a tante accuse,emesse poi da austeri “personaggi” appartenenti alla Santa Madre Chiesa?

E così iniziarono a partire le prime restrizioni all’attività religiosa di padre Pio;si doveva stare in osservazione attorno alla persona di padre Pio,lo stesso padre Pio non doveva dire Messa ad orari fissi,ma ad orari imprecisati in modo da non indurre i fedeli ad un appuntamento fisso con la celebrazione Eucaristica,anzi era preferibile che padre Pio celebrasse in privato. Inoltre gli fu vietata la benedizione al popolo,gli fu vietato di mostrare a chiunque le stigmate e gli fu tolto anche il suo caro direttore spirituale padre Benedetto da S.Marco in Lamis, al quale fu ordinato di troncare con padre Pio qualsiasi rapporto, anche epistolare!!!

Così iniziarono le persecuzioni sulla persona di padre Pio

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Concludo questa settima parte con un invito a chi legge: NON NE VOGLIATE A QUESTI FRATELLI CHE,ORMAI GIA’ GIUDICATI DAL SIGNORE,SONO STAI CAUSA DI TANTE SOFFERENZE AL POVERO PADRE PIO. E’ VERO CHE ESSI APPARTENEVANO ALLA SANTA MADRE CHIESA,MA RICORDIAMOCI CHE ERANO UOMINI COME NOI,CON TUTTE LE DEBOLEZZE CHE ANCHE NOI ABBIAMO.

CHE IL LORO COMPORTAMENTO CI SIA DI ESEMPIO ONDE NON CADERE NELLA RETE CHE IL MALIGNO CI TENDE GIORNALMENTE.



8.a parte



In aggiunta alle restrizioni, che tanto tormento regalarono a quell’anima, nel 1919 ci fu un’altra occasione dolorosa per il povero frate; mamma Peppa, venne a conoscenza del fatto che al figlio erano comparse le stigmate e questa cosa era per lei fonte di preoccupazioni. Infatti non aveva capito cosa fossero le stigmate, ma aveva recepito che il figlio era ferito e quindi, senza perdere tempo, in compagnia del marito e della cognata, partì per S. Giovanni Rotondo, onde poter constatare da vicino le condizioni fisiche del suo diletto figliuolo.

Visitato il figlio e resasi conto che le condizioni di salute non erano quelle che pensava, mamma Peppa rientrò a Pietrelcina, ma, non avendo ancora capito bene cosa fossero quelle ferite sanguinanti, dopo qualche tempo, decise di ritornare a S. Giovanni Rotondo e ivi trattenersi per una quarantina di giorni, onde poter capire meglio cosa fosse accaduto al figlio.

Maria Pompilio (figlia spirituale di padre Pio), racconta che padre Pio permetteva a tutti di baciargli la mano, tranne che alla mamma; diceva sempre che era il figlio che doveva baciare la mano alla madre e non viceversa.

Nel 1928, mamma Peppa tornò a S. Giovanni Rotondo in compagnia di Maria Pyle,( una donna americana che fu una grande benefattrice dei frati di S. Giovanni e che lasciò l’America per stabilirsi all’ombra di padre Pio), la quale, di passaggio a Pietrelcina, aveva portato con sé mamma Peppa per farle trascorrere le vacanze natalizie con il figlio; ma l’inverno era rigido e la neve e le gelate non mancavano, come non mancava mai la presenza di mamma Peppa alla prima Messa che era sempre al mattino prestissimo. La poverina indossava degli abiti troppo leggeri per il clima locale e quando alcune devote le regalarono un maglione, lei non volle indossarlo perché diceva di “sembrare una signora”.

La notte del Natale di quell’anno, mamma Peppa volle passarla tutta in chiesa, ascoltando la Messa di mezzanotte e le altre seguenti, così il giorno di S. Stefano mamma Peppa non si sentì bene e decise di trascorre la giornata a letto, ospite di Maria Pyle, ma dopo tre giorni, visto che lo stato di malessere continuava, fu visitata da un medico e le fu diagnosticata una “polmonite doppia” .

Il 2 Gennaio 1929, mamma Peppa si aggravò, il buon figlio rimase al capezzale fino all’ultimo minuto somministrandole gli ultimi sacramenti, ma quando vide che era giunto il momento scoppiò in un pianto dirotto e cadde a terra quasi svenuto.

Il 3 Gennaio alle ore 06,15 mamma Peppa terminò il suo pellegrinaggio terreno. Le sofferenze di padre Pio furono tali che dovette rimanere in quella casa per altri due giorni.

Concludo non con un detto di padre Pio ma con una richiesta al lettore: RECITIAMO,PER QUEST’ANIMA BENEDETTA DI MAMMA PEPPA, UN PATER, UN’AVE, UN GLORIA E UN ETERNO RIPOSO.

9.a parte

Intorno al 1925,nel pieno delle persecuzioni su padre Pio inflittegli dal Sant’Uffizio (1923-1931), compare nella vita del padre un personaggio molto ambiguo, ma che rivestirà un ruolo decisivo nell’assoluzione di padre Pio dalle calunnie a lui imputate; si tratta di Emanuele Brunatto, un grande peccatore, giocatore d’azzardo, libertino e truffatore (ha anche tentato di imbrogliare padre Pio presentandogli l’amante come la sorella), il quale giunge a S. Giovanni Rotondo non si capisce bene se è per convertirsi o per tentare qualche losco affare.

Resta il fatto che, dopo aver tentato di imbrogliare padre Pio, sia con la storia dell’amante/sorella, sia con la confessione e dopo essere stato cacciato in malo modo dalla Chiesa (sembra anche che padre Pio gli abbia mollato un sonoro ceffone), è diventato uno dei migliori figli spirituali del padre e addirittura l’agente segreto al servizio di padre Pio, lo 007 che non ha esitato a bussare a tutte le porte del Vaticano per denunciare il complotto a danno di padre Pio architettato da alcuni sacerdoti di S. Giovanni Rotondo invidiosi della popolarità del padre che svuotava le loro Chiese, e addirittura con l’avallo del Vescovo della Diocesi Mons. Gagliardi.

Non creduto dai vertici del Vaticano, Emanuele Brunatto, raccoglie una serie di impressionanti prove e creato un dossier,s i affretta ad inviarlo ad una serie di alti prelati e precisamente:

Card. Gasparri (segretario di Stato)---Card. Merry Del Val (segretario del Sant’Uffizio)---Card. Basilio Pompilj ( vicario di Sua Santità)---Card. Donato Sbarretti (prefetto del Concilio)---Card. Gaetano De Lai (prefetto della Concistoriale)---Card. Michele Lega (prefetto dei Sacramenti)---Card. Guglielmo Van Rossum ( prefetto di Propaganda)---Card. Augusto Silj (prefetto del Tribunale della Segnatura).

Sembra quasi che, dopo aver inviato il dossier (con prove inconfutabili e schiaccianti) a così tante austere cariche ecclesiastiche, doveva pur succedere qualche cosa (come se uno manda una denuncia scritta e firmata a vari organi di Polizia, così se non se ne interessa uno, se ne interessa sicuramente un altro) e invece……….niente, un niente farcito di niente!! Non accadde nulla di nulla.

Allora il buon Brunatto smette i panni di umile e devoto convertito e riveste quelli dell’intrallazzatore e che ti fa? Prende il suo bravo dossier, paga di propria tasca un editore e lo pubblica firmandosi con uno pseudonimo: “Giuseppe De Rossi”.

Un buon terremoto, probabilmente, avrebbe procurato meno danni; il Vaticano si affrettò ad acquistare tutte le copie in circolazione e inviò a S. Giovanni Rotondo Monsignor Felice Bevilacqua , capo del secondo ufficio del vicariato di Roma.

L’alto prelato doveva condurre un’inchiesta sul clero locale e, non conoscendo bene i luoghi e i personaggi, nominò seduta stante il buon Emanuele Brunatto “coadiuvatore laico”. La cosa non andò per le lunghe, le prove erano inconfutabili e Mons. Bevilacqua tornò a Roma proponendo il massimo delle pene per questi prelati, ma le decisioni furono diverse e solo uno, il Canonico Domenico Palladino, fu sospeso "a divinis", ma grazie alla potente amicizia di Mons. Gagliardi, ritornò canonico dopo poco tempo.

Al Mons. Bevilacqua, uomo di grande personalità, non garbò poi mica tanto la conclusione dell’inchiesta e cominciò ad andare avanti nel procedimento, cercando anche di capire chi potesse aver insabbiato così tante gravi accuse.

Così, un gran numero di amici di padre Pio fra i quali ricordiamo il commendator Festa, Podestà di Arenzano, e il commendator Francesco Morcaldi, Sindaco di S. Giovanni Rotondo,con in testa sempre il buon Brunatto, fecero ristampare il famoso dossier,a rricchito da altre testimonianze e fotografie in circa mille copie in lingua italiana, dandogli il titolo di “Lettera alla Chiesa”. La stampa avvenne presso una casa editrice di Lipsia.

Un terremoto di grave entità avrebbe sicuramente provocato meno danni, il Vaticano si affrettò nuovamente a bloccare la pubblicazione del libro e avviata una nuova e seria indagine, furono finalmente condannati tutti i prelati (compreso il Mons.Gagliardi), vennero destituiti, ospesi e allontanati dalla Diocesi.

Adesso si prospetta la completa assoluzione per padre Pio, E INVECE NO!

La posizione del nostro povero fraticello si aggravò notevolmente, infatti le precedenti restrizioni vennero confermate da un nuovo decreto del Sant’Uffizio (qualcuno evidentemente non aveva gradito la conclusione dell’inchiesta) e le conseguenze furono queste:

non poteva avere contatti con nessuno --- non poteva benedire oggetti --- non poteva confessare ---non poteva affacciarsi alla finestra --- poteva solo celebrare la S.S.Messa in forma privata, cioè da solo in una cappellina privata del Convento sita al primo piano.

Dato che alcune copie del libro erano ancora in possesso del gruppo di amici di padre Pio (compresi documenti originali e cliché), mentre Emanuele Brunatto si trovava a Parigi per affari, il Card. Rossi, inviato del Sant.Uffizio avvicinò il Commendator Francesco Morcaldi, Sindaco di S. Giovanni e, ricordandogli la dovuta obbedienza alla Chiesa, si fece consegnare tutte le copie del libro, più gli originali, i cliché e le foto, promettendo una immediata liberazione di padre Pio dalle restrizioni; cosa che puntualmente non avvenne.

Rientrato da Parigi, Emanuele Brunatto montò su tutte le furie e minacciò la pubblicazione di un nuovo libro, in quanto ancora in possesso di una copia del suo famoso dossier con in aggiunta le relazioni di quanto era accaduto fin ad allora. Ma padre Pio, su disposizione dei superiori, invitò il Brunatto a calmarsi e a rientrare in Francia.

Cosa che Emanuele Brunatto fece, da buon figlio obbediente, ma una volta a Parigi preparò il libro, intitolandolo “ Gli Anticristi della Chiesa” e, inviatone una copia al Card. Rossi, gli disse senza mezzi termini che se non liberava padre Pio per Pasqua (era il Marzo del 1933),avrebbe pubblicato il libro in tutto il mondo (era stampato in tre lingue).

Il Card. Rossi impose nuovamente a padre Pio di intervenire presso Brunatto e fermarlo, ma il Brunatto si rifiutò scusandosene con padre Pio e andò avanti; il libro fu pubblicato all’estero e suscitò un vespaio.

Migliaia e migliaia di lettere giunsero al Vaticano, lettere di cattolici indignati, stupiti, che chiedevano a gran voce giustizia!

Un Vescovo cappuccino, Mons. Cuccarollo, presentò direttamente al Santo Padre Pio XI un dossier pieno di testimonianze giurate dei confratelli di padre Pio, e così il Papa scarcerò definitivamente padre Pio, permettendogli di riprendere il suo apostolato. Era il 16 Luglio del 1933 dopo 11 anni di persecuzioni e 25 mesi di segregazione completa.

CONCLUDO QUESTA NONA PARTE CON UNA CURIOSITA’: ALLA FINE DI QUESTA BRUTTA STORIA,IL SANTO PADRE PIO XI DISSE A MONS. CUCAROLLO LE SEGUENTI PAROLE

“ E’ LA PRIMA VOLTA CHE IL SANT’UFFIZIO SI RIMANGIA I SUOI DECRETI”.

MA IN REALTA’ IL SANT’UFFIZIO I DECRETI LI RIMANGIO’ MORALMENTE, IN QUANTO NON FU MAI EMESSO UN VERO E PROPRIO DECRETO CHE ANNULLAVA LE RESTRIZIONI PRECEDENTI.



ULTIMA PARTE



Così il buon fraticello fu riabilitato,ma...........gradualmente; prima poté celebrare la Santa Messa e dopo circa otto mesi, ricevette il permesso di confessare e così la sua vita ricominciò a trascorrere normalmente........si fa per dire "normalmente" in quanto le sue "anomalie" venivano sempre più evidenziate, quali: profumi intensi, lettura del pensiero e tant'altro da portare al suo confessionale Re e Principi, attori e nobili illustri, potenti e meno potenti.......insomma una vera e propria marea di fedeli che significavano poi, un oceano di conversioni.

SIA LODE AL SIGNORE!

Non ho assolutamente intenzione di dedicare una parte di questa piccola biografia alle grazie donate dal Signore, in quanto sono tantissime e le conosciamo tutti, ma ricordiamoci sempre che la più grande arma in nostro possesso è la preghiera! Se detta con il cuore, apre tante porte!

Dopo tante tribolazioni, dopo aver fondato un Ospedale, la "CASA SOLLIEVO DELLA SOFFERENZA" nato con i soldi della carità e dopo aver istituito i "GRUPPI DI PREGHIERA", padre Pio da Pietrelcina, il 23 Settembre 1968 alle ore 02.30, mentre ricorreva il 50° anniversario della comparsa delle stigmate, ripetendo le parole: "Gesù...Maria", spirò! Fu assistito nel Suo ritorno alla Casa del Padre dal confratello addetto alla Sua persona padre Paolo Covino ( che in vita ha onorato il sottoscritto della Sua amicizia ) e da lui ebbe l'Unzione degli infermi.

All'esame del corpo, si poté notare che le stigmate erano scomparse e che le mani e i piedi erano tornati normali. A tal proposito esistono delle documentazioni scritte, fotografiche e filmate a testimonianza di tutto ciò.Crocifisso
 da vivo e da morto, Padre Pio sarà ancora attaccato dai suoi nemici. Molte testimonianze documentate, permetteranno però di inviare a Roma le pratiche necessarie nel 1979. Nel 1982 giunge il  “nulla osta”e il 16 Giugno 2002,grazie alla miracolosa guarigione del piccolo Matteo Colella,avvenuta nella Casa Sollievo della Sofferenza,guarigione da una meningite fulminante,che ha lasciato senza parole tutti gli oppositori e la comunità scientifica atea,non riuscendo a trovare una spiegazione logica a quanto accaduto, Papa Giovanni Paolo II lo Canonizza annoverandolo fra i Santi.
SPUNTI TRATTI DA VARI TESTI TRA I QUALI : " L'UOMO DELLA SPERANZA" DI RENZO ALLEGRI.
Ecco di seguito l'omelia del Santo Padre
 

 

 

CANONIZZAZIONE DI PADRE PIO DA PIETRELCINA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 16 giugno 2002

 

1. "Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero" (Mt 11, 30).

Le parole di Gesù ai discepoli, che abbiamo appena ascoltato, ci aiutano a comprendere il messaggio più importante di questa solenne celebrazione. Possiamo infatti considerarle, in un certo senso, come una magnifica sintesi dell'intera esistenza di Padre Pio da Pietrelcina, oggi proclamato santo.

L'immagine evangelica del «giogo» evoca le tante prove che l'umile cappuccino di San Giovanni Rotondo si trovò ad affrontare. Oggi contempliamo in lui quanto sia dolce il «giogo» di Cristo e davvero leggero il suo carico quando lo si porta con amore fedele. La vita e la missione di Padre Pio testimoniano che difficoltà e dolori, se accettati per amore, si trasformano in un cammino privilegiato di santità, che apre verso prospettive di un bene più grande, noto soltanto al Signore.

2. "Quanto a me... non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo" (Gal 6, 14).

Non è forse proprio il "vanto della Croce" ciò che maggiormente risplende in Padre Pio? Quanto attuale è la spiritualità della Croce vissuta dall'umile Cappuccino di Pietrelcina! Il nostro tempo ha bisogno di riscoprirne il valore per aprire il cuore alla speranza.

In tutta la sua esistenza, egli ha cercato una sempre maggiore conformità al Crocifisso, avendo ben chiara coscienza di essere stato chiamato a collaborare in modo peculiare all'opera della redenzione. Senza questo costante riferimento alla Croce non si comprende la sua santità.

Nel piano di Dio, la Croce costituisce il vero strumento di salvezza per l'intera umanità e la via esplicitamente proposta dal Signore a quanti vogliono mettersi alla sua sequela (cfr Mc 16, 24). Lo ha ben compreso il Santo Frate del Gargano, il quale, nella festa dell'Assunta del 1914, scriveva: "Per arrivare a raggiungere l'ultimo nostro fine bisogna seguire il divin Capo, il quale non per altra via vuol condurre l'anima eletta se non per quella da lui battuta; per quella, dico, dell'abnegazione e della Croce" (Epistolario II, p. 155).

3. "Io sono il Signore che agisce con misericordia" (Ger 9, 23).

Padre Pio è stato generoso dispensatore della misericordia divina, rendendosi a tutti disponibile attraverso l'accoglienza, la direzione spirituale, e specialmente l'amministrazione del sacramento della Penitenza. Il ministero del confessionale, che costituisce uno dei tratti distintivi del suo apostolato, attirava folle innumerevoli di fedeli al Convento di San Giovanni Rotondo. Anche quando quel singolare confessore trattava i pellegrini con apparente durezza, questi, presa coscienza della gravità del peccato e sinceramente pentiti, quasi sempre tornavano indietro per l'abbraccio pacificante del perdono sacramentale.

Possa il suo esempio animare i sacerdoti a compiere con gioia e assiduità questo ministero, tanto importante anche oggi, come ho voluto ribadire nella Lettera ai Sacerdoti in occasione del passato Giovedì Santo.

4. "Sei tu Signore, l'unico mio bene".

Così abbiamo cantato nel Salmo Responsoriale. Attraverso queste parole il nuovo Santo ci invita a porre Dio al di sopra di tutto, a considerarlo come il solo e sommo nostro bene.

In effetti, la ragione ultima dell'efficacia apostolica di Padre Pio, la radice profonda di tanta fecondità spirituale si trova in quella intima e costante unione con Dio di cui erano eloquenti testimonianze le lunghe ore trascorse in preghiera. Amava ripetere: "Sono un povero frate che prega", convinto che "la preghiera è la migliore arma che abbiamo, una chiave che apre il Cuore di Dio". Questa fondamentale caratteristica della sua spiritualità continua nei «Gruppi di Preghiera» da lui fondati, che offrono alla Chiesa e alla società il formidabile contributo di una orazione incessante e fiduciosa. Alla preghiera Padre Pio univa poi un'intensa attività caritativa di cui è straordinaria espressione la "Casa Sollievo della Sofferenza". Preghiera e carità, ecco una sintesi quanto mai concreta dell'insegnamento di Padre Pio, che quest'oggi viene a tutti riproposto.

5. "Ti benedico, Padre, Signore del cielo e della terra perché... queste cose... le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11, 25).

Quanto appropriate appaiono queste parole di Gesù, quando le si pensa riferite a te, umile ed amato Padre Pio.

Insegna anche a noi, ti preghiamo, l'umiltà del cuore, per essere annoverati tra i piccoli del Vangelo, ai quali il Padre ha promesso di rivelare i misteri del suo Regno.

Aiutaci a pregare senza mai stancarci, certi che Iddio conosce ciò di cui abbiamo bisogno, prima ancora che lo domandiamo.

Ottienici uno sguardo di fede capace di riconoscere prontamente nei poveri e nei sofferenti il volto stesso di Gesù.

Sostienici nell'ora del combattimento e della prova e, se cadiamo, fa che sperimentiamo la gioia del sacramento del Perdono.

Trasmettici la tua tenera devozione verso Maria, Madre di Gesù e nostra.

Accompagnaci nel pellegrinaggio terreno verso la Patria beata, dove speriamo di giungere anche noi per contemplare in eterno la Gloria del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen!


 




Caro padre Pio

caro padre mio

 



quante cose ci hai insegnato

quante cose ho imparato



quanto tu hai sofferto

quante croci hai portato



per i fratelli hai lavorato

e non ti sei mai piegato



non hai detto mai son stanco

e ne avevi ben diritto



ci hai lasciato,questo è vero

ma ci aspetti lì nel cielo



ti hanno fatto Santo e sia........

ma sei sempre..........

PADRE PIO!